Nostalgica Istanbul

A Istanbul, a differenza di quanto succede nelle città occidentali con le vestigia dei grandi imperi del passato, i monumenti storici non sono reliquie protette ed esposte come in un museo, opere di cui ci si vanta con orgoglio. Qui le rovine convivono con la città. Ed è questo ad affascinare viaggiatori e scrittori di viaggi.
— Orhan Pamuk
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Visitare Istanbul in due giorni é come inzuppare un pezzo di pane nel sugo per gustarne il sapore e poi privarsi delle delizie di un pasto ricco di ingredienti mai assaporati in precedenza.  L'antica Costantinopoli é un banchetto stracolmo di spezie e leggende che avvolge i commensali nel suo fascino antico per poi trasportarli lungo le sponde del Bosforo e accompagnarli nel sacro mistero delle sue strade.  
Istanbul non va visitata, va vissuta, bisogna farsi ingurgitare dal suo caos calmo e lasciarsi sballottare tra i suoi mille contrasti che prima o poi ti sputano su qualche palcosenico dal quale é possibile vivere anonimamente la quotidianità e i conflitti descritti nei libri di  Pamuk

Istanbul é un continuo incontro, un insoluto scontro tra due culture, tra oriente e occidente, tra Asia e Europa, tra tradizione e emancipazione, tra il caos dei suoi Bazar e le silenziose acque del Bosforo.

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Istanbul é il canto delle sue religioni, lo schiamazzo delle sue strade, la tranquillità dei suoi gatti che sorvegliano le viuzze, il grido dei gabbiani che accompagnano i battelli, Istanbul é il perenne flusso vitale delle sue arterie, Istanbul é l'huzün, quel senso di malinconia indissolubilmente legato alla sua identità.

In ogni istante trascorso tra le strade della città si ha la costante impressione che qualsiasi cosa possa accadere e coinvolgere o sconvolgere l'intero spettro delle emozioni. Indipendentemente dal lasso di tempo trascorso in questa perla del Mediterraneo, Istanbul scava prepotentemente il suo posto dentro di te e da li ti pervade con la sua magia. 

Istanbul non porta la tristezza come “una malattia temporanea”, oppure “un dolore di cui liberarsi”, ma come una scelta.
— Orhan Pamuk
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