Il portafogli

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Stazione di Oeiras, è mezzanotte, io e Rikard attendiamo il treno proveniente da Cais do Sodré con destinazione Cascais, la nostra destinazione è il Tamariz, un locale sulla spiaggia di Estoril, la nostra destinazione è la festa di una notte di piena estate. Seduti sulla panchina vicino ai binari ricordiamo gli eventi salienti della settimana trascorsa nella cara Carcavelos, sulle spiagge di Oeiras, tra le calde strade di Lisbona; fantastichiamo sul prosieguo della serata; sogniamo Madrid, le scorribande on the road in Italia; cerchiamo di scovare tra le nostre parole l’essenza del viaggio; indugiamo nell’attesa di un treno, di un messaggio, di una telefonata, indugiamo nell’attesa della concretizzazione di un desiderio. I fiumi di parole e una buona compagnia rendono la cognizione del tempo ancor più relativa e le lancette dell’orologio nascondono mezz’ora tra i suoni dei nostri discorsi.

Smaniosi di raggiungere l’Estoril decidiamo che non vale più la pena trattenersi nella fredda atmosfera di una stazione sgombra; conserviamo i biglietti per il giorno seguente e ci avviamo verso la fermata dei taxi alla ricerca di un gentile tassista che possa dimezzare la nostra attesa. Oltre il muro della stazione una sfilata di macchine gialle attende turisti e nativi e come spesso accade cerchiamo di scorgere l’umore affabile nel profilo dei conducenti prima di scegliere su che taxi salire. L’esperienza ci insegna che a volte i tragitti in taxi possono essere burrascosi e che le spensierate conversazioni con gli autisti possono toccare involontariamente tasti dolenti e che, in altri casi, i conducenti più giovani cercano nell’acceleratore la valvola di sfogo del loro tedio. Un tassista di mezza età si avvicina chiedendoci dove siamo diretti, sembra una persona pacata, e dopo un cenno di intesa Rikard sale per prima sul taxi occupando il posto accanto al conducente, mentre io mi accomodo sul sedile posteriore.


Abbandoniamo Oeiras immettendoci sull’Avenida Marginal e percorriamo tutta la costa mantenendo terra e case alla nostra destra e l’Oceano sempre alla nostra sinistra. Le luci giallo cromo dei lampioni rendono la notte magica e alimentano le nostre fantasticherie palesate in rapidi scambi di battute e in ghigni sottratti al clima serioso, disciplinato dallo sguardo inflessibile dell’autista che si intravede nello specchietto retrovisore. Sono passate esattamente due estati e tanti viaggi dalla precedente notte trascorsa al Tamariz ma la voglia di arrivarci e di scrivere un’altra pagina indelebile delle nostre avventure è smisurata e fremiamo chilometro dopo chilometro. Siamo ormai all’Estoril, lo noto dalle insegne e dai palazzi rievocanti cartoline appartenenti a momenti passati che fuoriescono dai cassetti della memoria; indichiamo al conducente dove si trova il locale, sembra quasi che il tempo non abbia coperto di polvere il nostro senso dell’orientamento e noi siamo ebbri senza aver bevuto quando il taxi si ferma alla fine del tragitto. I numeri rossi del tassametro segnano dieci euro e cinquanta centesimi ma al tassista va bene una banconota da dieci; io e Rikard facciamo a gara per pagare, forse stuzzicando l’intenzione del tassista di afferrare entrambe le banconote, ma alla fine è Rikard ad avere la meglio, così mestamente ripongo i soldi all’interno del portafogli per poi metterlo in tasca. Salutiamo il gentile conducente portoghese e balziamo fuori dalla macchina respirando a pieni polmoni l’aria di una notte che nella nostra mente si prospetta meravigliosa.


Il Tamariz è lì, accanto alla stazione, di fronte ai nostri occhi, dobbiamo solo attraversare la strada e telefonare a degli amici e poi immergerci nell’orizzonte tangibile e inafferrabile dei nostri sogni. Ringrazio Rikard per aver pagato la tratta e gli garantisco di occuparmi del ritorno ma è in quel momento che mi rendo conto di non avere il portafoglio in tasca. Sono attimi di silenzio, di tensione, di limitata incredulità, troppo brevi per sfociare nello sconforto, sono attimi in cui la ragione viene sopraffatta dall’istinto. Giro lo sguardo verso destra, il taxi è lontano, troppo distante da me, preceduto da poche vetture, seguito da un esercito di automobili, la mente è bianca, priva di pensieri ma le gambe sono già in moto, le falcate sono ampie nonostante abbia un paio di infradito e le automobili iniziano ad essere dietro di me una dopo l’altra, una dopo l’altra; alzo lo sguardo il verde del semaforo si spegne e il giallo inizia a lampeggiare, le falcate sono sempre più ampie, il giallo cessa di lampeggiare e la luce rossa diventa fissa; le falcate sono balzi e il taxi è sempre più vicino; ho il cuore in gola, sono in apnea e non riesco più a controllare le gambe che procedono ad un ritmo impazzito quando i miei occhi vedono il taxi fermo diventare sempre più grande; ormai manca poco, è questione di metri e con l’ultimo balzo mi catapulto sul taxi. Cerco di aprire lo sportello sotto lo sguardo atterrito dell’autista, batto il palmo della mano contro il vetro e indico il sedile posteriore dove vedo il portafogli; l’autista rimuove la sicura permettendomi di entrare in auto e di recuperare quello che in un attimo di distrazione avevo smarrito. Chiudo lo sportello, alzo il capo e Rikard è un punto bianco vicino al Tamariz, ad una sessantina di metri da me, alzo le braccia in segno di vittoria e i passeggeri dell’automobile dietro il taxi ridono, gridano, applaudono e mostrano segni di consenso.


L’istinto si affievolisce e la ragione rinvigorisce quando mi rendo conto di esser stato sul punto di perdere denaro e documenti a meno di 36 ore dalla partenza per Madrid. L’adrenalina continua a circolare imperterrita nel sangue, sono ubriaco di felicità e ho una leggera sbornia di apprensione, ma il peggio è passato, raggiungo un euforico Rikard che mostra i pugni in segno di vittoria e mi ricorda come l’intensità dei momenti ancora da vivere in quella notte non potranno mai raggiungere l’apice di quegli attimi surreali. Decidiamo di tornare nei pressi del semaforo che mi ha salvato la vacanza per scattare una foto da aggiungere al nostro album di viaggio prima di dedicarci al resto dei programmi. Saltando di gioia e sentendoci imbattibili ci avviamo al Tamariz ma il locale è chiuso, i nostri amici hanno deciso di rimanere a Lisbona e decidiamo di concludere la nottata a bere qualche birra in un Casinò dell’Estoril. La nottata non è andata come era nelle nostre più rosee previsioni ma un’altra inaspettata pagina di vita sulla strada, che rimarrà indelebile nei nostri ricordi e che sarà a lungo ricordata e raccontata nei nostri prossimi viaggi, è stata scritta.

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