Teorie di viaggio

"Viaggiare come un viaggiatore, la filosofia del bagaglio minimalista" 

Il viaggio deve ancora iniziare, il fascino delle ultime ore antecedenti alla partenza è turbato da un folle dilemma, da una pecca che ha assalito ogni viaggiatore, o meglio ogni turista: “E’ la quantità di indumenti/biancheria intima/prodotti/ da mettere in valigia direttamente proporzionale al numero di giorni di viaggio?” La personale risposta a questo arcaico dubbio me l’ha data la sorte in una lontana giornata di canicola sotto il sole cocente del Pireo. Sfinito dopo un viaggio Omerico le mie spalle e le mie braccia hanno ceduto al fardello di un gigantesco bagaglio e di uno zaino colmi di indumenti e oggetti inutili lungo il tratto dalla stazione al principale porto ellenico. A metà del cammino ho ripetuto a mo di cantilena: “Mai più, mai più, tutto ciò che mi serve sono il passaporto, la mia macchina fotografica, un taccuino e me stesso”.

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"Il posto più bello può essere a cinque minuti da casa tua, non aspettare un’eternità prima di visitarlo"

E’ il lontano 2001, a Kozloduy, piccolo paese della Bulgaria, noto per la sua centrale nucleare e per l’imbarcazione Radetsky, condotta dal poeta/rivoluzionario Hristo Botev nel suo tentativo di liberare la Bulgaria dall’Impero Ottomano. Guardando la dirimpettaia Romania dalla sponda bulgara del Danubio mi sono reso conto di esser giunto in questo sperduto angolo di Mondo senza aver ancor visitato la Basilica di San Nicola a Bari, Ostuni, Venezia e l’eterna Roma. Da quel momento ho iniziato a gustare le bellezze dei luoghi limitrofi al mio paese natio, la cui visita era sempre stata procrastinata al giorno dopo.

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"La scoperta dell’incondizionata e silenziosa osmosi con la natura”

Ruka, Finlandia, hiihtoloma 2007. Per chi non conoscesse l’ABC della lingua finnica, il termine “hiihtoloma” indica la settimana di vacanza concessa agli studenti e agli insegnanti nel mese di Febbraio per poter andare a sciare. A causa di un ginocchio malridotto, la mia hiihtoloma non l’ho trascorsa a zigzagare sulle piste, ma in un solitario cottage nel cuore della Lapponia Finlandese, rintanato tra le betulle imbiancate dal soffice candore della neve. Tre giorni lontano dalla frenesia della vita di tutti i giorni scandita dalle lancette dell’orologio e da vincoli sociali, tre giorni trascorsi nell’elementarità di una casetta in legno, alla scoperta dei rudimenti primordiali di una vita ormai inghiottita dal cemento, tre giorni in contatto con l’atemporale genuinità della natura che ti penetra tacitamente mentre la osservi. L’incondizionata osmosi con la natura è a qualche kilometro da ognuno di noi e ritrovarla non costa niente.

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"Conoscere lo straniero: le parole dell’estraneo di diverso hanno solo l’idioma"

Porto, Rua Dom João IV. Stanchi dopo il viaggio da Lisbona passiamo la serata in una taverna non lontano dall’ostello Riad. Il francese e l’italiano delle nostre conversazioni attira l’attenzione di Jose Maria, un insegnante in pensione del vicino conservatorio. Tra un sorso di Super Bock e panini che tardano ad arrivare il baffuto Jose ci parla di Porto, dei suoi viaggi, della sua vita dedicata all’arte,della francesinha, un piatto tipico della città, dei tipi di Vinho do Porto: il bianco, il tawny e il ruby, della festa di São João del giorno seguente, a suo dire la più grande festa patronale d’Europa. Il nostro improvvisato compagno di banchetto ci indica luoghi e sapori i cui nomi latitano anche tra le pagine delle migliori guide di viaggio, saturando l’agenda della nostra breve visita della cidade do Porto. Prima di salutarci e sparire nel nulla come un notturno di Chopin, Jose Maria ci delizia con una massima in francese che può essere eletta a principio dell’intera esistenza: “Profitez bien de la lumière avant que la nuit tombe” (Approfittate della luce prima che la notte cali). Entrati nel taverna per rimpinguarci siamo usciti rifocillati ma affamati di luce.

Porto

"La forza delle gambe: qualsiasi mezzo di trasporto è perfetto se vuoi realmente visitare un luogo"

Domenica 17 giugno 2012, Sagres, magnifica ”freguesia” del Portogallo. La nazione intera è in attesa di assistere a Portogallo-Olanda, partita dei gironi eliminatori degli Europei di calcio; nei bar non si parla d’altro, la gente è per strada e gli autobus sono fermi. Cabo Sao Vicente, “la fine del mondo conosciuto”, la zona più a sud-ovest del continente europeo dista solo 7 kilometri ma non c’è nessun mezzo di trasporto per raggiungerlo tranne una modesta bicicletta a noleggio offerta da una gentile proprietaria di un chioschetto sul lungomare. Sui due piatti della bilancia ci sono un pomeriggio ozioso in compagnia di un Mojito in attesa del match e 7 kilometri, di salita, ma il peso dell’avventura fa pendere il giogo a suo favore. Il tragitto è più duro del previsto ma l’apparizione del rosso del faro che domina il promontorio in contrasto con l’azzurro del cielo e la timorosa sterminatezza dell’oceano ai suoi piedi asciugano ogni mia goccia di sudore. I minuti si fossilizzano nei miei occhi impietriti dinanzi a cotanta maestosità, attorno a me la poesia, la storia, la vita; il senso di completezza ha espulso la fatica dal mio corpo sostituendola con il vigore calmo della libertà. Gratificato dal non aver trovato l’autocorriera giornaliera, pedalo nuovamente verso Sagres col vento in poppa e con l’animo appagato giusto in tempo per il fischio d’inizio della partita. Per la cronaca, una doppietta di Cristiano Ronaldo ha piegato gli Orange dando la vittoria alla squadra lusitana.

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"La meraviglia del viaggio non è raccontarlo ma condividerlo"

Il viaggio regala frangenti densi di emozioni troppo forti per essere racchiuse in un’unica istantanea, raccontate in un filmato o descritte nell’arco di una frase. In quei frangenti la prodigiosa singolarità della fruizione ha un unico limite, l’impossibilità di rievocarla nella totalità della sua essenza. La descrizione più dettagliata di un attimo può suscitare interesse, piacere, sorrisi, eccitazioni senza però mai avvicinarsi all’irripetibilità dell’attimo vissuto. Penso poi agli irripetibili istanti vissuti con veri compagni di avventura e lì basta una parola, un gesto, uno sguardo per rimembrarli in ogni loro forma, anche quando la polvere del tempo sembra averli coperti e lì ricordo la fine di Into the Wilde e la massima di Christopher McCandless: “La felicità è autentica solo se condivisa”.

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