Ricordi bulgari
Se chiudo gli occhi ricordo ancora il brusio del fiume, la fragranza dell’erba bagnata che si propaga solo nell’aria delle sere d’estate, le luci della baita in lontananza, le note di Chalga echeggiare nelle vuote vastità dell’imperscrutabile vallata, il sentiero che si addentra nell’oscura vegetazione.
Reminiscenze, sensazioni delineabili solo mediante il ricorso a sinestesie estreme, perché le parole non sono in grado di descrivere i singolari incontri di sfere sensoriali dissociate. Rievoco i suoni, le vibrazioni, le percezioni, i bagliori, le ombre ma non le immagini nitide di una notte audace e selvaggia, occultate dal velo dell’oscurità e negate per sempre agli occhi della memoria. Nella mente non ho il ritratto del volto di chi con me ha condiviso quegli attimi idilliaci in un paesaggio bucolico ma parole e sussurri emessi al chiar di luna, parole e sussurri che rammentano come la felicità sia reale solo se condivisa. Questo acquerello di un attimo di vita custodito nell’atelier della reminiscenza non è dipinto con il pennello della nostalgia, è semplicemente ciò che resta del passato, ciò che resta di me con me, è il trionfo della memoria sull’oblio.